Pane tradizionale dell' Amiata
In ogni pagnotta di pane, in qualsiasi parte del mondo, si racchiude la storia dei popoli che abitano il nostro “villaggio planetario”. Storie di tradizioni, culture, legami, migrazioni, emozioni che si incontrano e si intrecciano in queste parole: “cum panis”. Da qui la parola “compagno”. Il gesto di spezzare il pane con il nostro prossimo spiega più di ogni altra parola il valore della condivisione [...] E’ un nome bello e antico che non dobbiamo lasciare in disuso;[...] accomuna coloro che mangiano lo stesso pane. Coloro che lo fanno condividono anche l’esistenza con tutto quello che comporta: gioia, lavoro, lotta e anche sofferenze.”( Mario Rigoni Stern). Enzo Bianchi scrive: “Le grosse pagnotte che venivano conservate per più tempo non si prestavano ad essere consumate fresche, ma davano il meglio del loro gusto un paio di giorni dopo essere uscite dal forno - per poi fornire un insegnamento più vasto: il nutrimento solido che ci viene dal passato è buono anche per il futuro e i principi sostanziali che hanno alimentato l’esistenza di chi ci ha preceduto sono in grado di sostenere anche noi e di darci vita, gioia e serena condivisione nel nostro stare al mondo accanto a quanti amiamo.”(E. Bianchi,Il pane di ieri, Einaudi 2012). Quante storie della famiglia umana, dietro una pagnotta di pane! Sono storie di attese, di tempi lunghi, di acqua, di fuoco, di terra, di "Maremmate" (lavoro stagionale in Maremma), di sudore versato nei campi di grano e segale. Nella mia memoria sono raccontate dalla bocca di un forno piena di brace, da una madia, da una tavola del pane, da un telo tessuto a telaio, da un fazzoletto blu a quadri di mio nonno Quinto, usato per trasportare pane e companatico.
Forno, in località Zancona, 2019
Storie di profumi, di cenere e grano conservato nei “cassoni”, che si ritrovano nelle cucine, nei letti, sotto le coperte, dove si adagiavano le pagnotte per la lievitazione.
Il "mondulino" per pulire il forno, e le pale per infornare il pane, Catabbio, 2019
Storie di suoni, di porte che si aprono, di passi leggeri prima dell’alba, di voci sussurrate per non svegliare i bambini, di un richiamo che annuncia per la strada chi potrà fare la prossima infornata.
Interno del forno, Zancona 2019
Storie dei miei nonni materni, mugnai ad Arcidosso e Santa Fiora, dagli inizi del 1800 alla seconda metà del novecento. A zio Zelindo, fratello di mio nonno Beppe, mugnaio al mulino della Peschiera di Santa Fiora, fu dedicato un ritornello musicale, che recita così:
“Aiutami Zelindo,
la ruota gira e va
con un poco di farina
la ruota gira e va”
Era un riconoscimento al suo animo generoso e solidale verso chi era in difficoltà, poiché, durante la guerra, nonostante il tesseramento, sfidando le severe ispezioni e mettendo a rischio non solo la sua attività, aiutò molte persone del paese, distribuendo farina e derivati a chi ne aveva bisogno. Questo è il significato vero e profondo della parola compagno( Cum panis).
Nonno Beppe alla "fariniera" di Livorno, 1939
Questo è il mio modo di fare il pane tradizionale dell'Amiata, ricordando che qui è definito “sciocco”,
cioè senza sale. Non si usa il termine “sciapo”, come in altre parti di Italia.
Purtroppo non ho a disposizione questo forno stupendo e mi devo accontentare del forno elettrico della
mia cucina...ma prima o poi...riuscirò a farne una bella "fascitura" ed ad infornarla nella bocca
di un autentico forno a legna!
"Buongiorno, bocca di forno" si diceva ai bambini come augurio di una serena giornata.
INGREDIENTI
Dosi per una "pagnotta" da un chilo o due “pagnottini” da ½ chilo.
850 gr di farina 0
500 ml di acqua tiepida
1 “dadino”di lievito di birra o una bustina di lievito disidratato, oppure 200 gr di pasta madre
(https://amiataunafucinaincucina.blogspot.com/2020/03/pasta-madre-diario-di-bordo.html)
(https://amiataunafucinaincucina.blogspot.com/2020/03/pasta-madre-diario-di-bordo.html)
PROCEDURA
La sera precedente, mettere la lievita. Intridere 350 gr. di farina con 250 ml di acqua tiepida,
dove si sarà fatto sciogliere il lievito di birra. Lavorare bene l’impasto sulla spianatoia o con la
planetaria (per chi ha male alle mani come me), fintanto che l'impasto risulterà liscio e compatto.
Con un coltellino fare una croce sulla sua superficie (servirà a controllare la lievitazione, oltre
che a ripetere e tramandare un gesto antico). Mettere a lievitare dentro un recipiente, in un luogo
caldo, coperto da una pellicola trasparente, fino al suo raddoppiamento.
Tenere in luogo fresco fino alla mattina seguente.
Versarci sopra la restante quantità d’acqua tiepida. Far riposare un po’.
Aggiungere il resto della farina, a poco, a poco e lavorare bene l’impasto sulla spianatoia
con olio di gomito e per chi non può, con l’impastatrice.
Lasciarla lievitare ancora, per almeno un’ora (ma dipende dalla temperatura che si ha in casa),
coperta con un cencio.
con olio di gomito e per chi non può, con l’impastatrice.
Lasciarla lievitare ancora, per almeno un’ora (ma dipende dalla temperatura che si ha in casa),
coperta con un cencio.
Dare forma alla pagnotta oppure alle pagnotte, dividendo, nell’ultimo caso, l’impasto a metà.
Dopo aver disposto i pagnottini tra teli bianchi di cotone, metterli, ben coperti, a lievitare
in un luogo caldo per un’altra ora o più, in base alla temperatura della stanza.
Trasferirli su una teglia coperta con carta da forno, per la cottura. Infornare per circa mezz’ora a 200°,
avendo cura di sistemare nel forno un recipiente pieno d’acqua, in modo che mantenga la giusta
umidità ed eviti di far diventare la crosta del pane troppo dura.
Prima di assaggiare e tagliarlo a fette, far raffreddare bene il pane su una griglia.
Dopo aver disposto i pagnottini tra teli bianchi di cotone, metterli, ben coperti, a lievitare
in un luogo caldo per un’altra ora o più, in base alla temperatura della stanza.
Trasferirli su una teglia coperta con carta da forno, per la cottura. Infornare per circa mezz’ora a 200°,
avendo cura di sistemare nel forno un recipiente pieno d’acqua, in modo che mantenga la giusta
umidità ed eviti di far diventare la crosta del pane troppo dura.
Prima di assaggiare e tagliarlo a fette, far raffreddare bene il pane su una griglia.
Ancora ricordo il profumo e il sapore di queste pagnotte. Ricordo ancora zia Assunta e zia Annunziata quando preparavano il pane e sistemavano le forme su una tavola di legno che tenevano in bilico sulla loro testa per portarlo al vicino forno pieno di lingue di fuoco.
RispondiEliminaGrazie per il commento. Nunziata era la mia nonna , abitavamo tutti insieme, anche con zia Assunta. Mi piacerebbe tanto sapere chi ha scritto questo commento per poter parlare insieme di questi ricordi, ai quali tengo tantissimo. Per sapere chi è l'autore di questo gradito messaggio non posso rivolgermi ai nipoti diretti di Assunta e Nunziata perché purtroppo non ci sono più, a parte mia zia Ilda di 100 anni. Mi rivolgo a lui o lei chiedendo, per favore, di lasciare scritto il suo nome oppure di contattarmi. Io abito sempre lì, nella casa da dove le zie uscivano con le tavole del pane sulla testa, per cuocerlo, di solito, al forno di Clara.
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