Finta galantina per i giorni di festa



Quando ero bambina, la galantina di cappone era il piatto più importante del nostro pranzo di Natale. La lunga elaborazione della ricetta  impegnava la mia mamma, il mio babbo e la mia nonna Laura. Teoricamente, erano coinvolte anche altre persone che avevano introdotto l'usanza nella nostra casa, essendo questo un piatto riservato alle tavole signorili e non certo a quelle semplici  e tradizionali della nostra montagna. La musa ispiratrice era, infatti, Bruna, la cugina della mia nonna, che negli anni venti, era andata a servizio a Parigi, per una  famiglia benestante italiana, insieme a  zia Teresa. Qui impararono e realizzarono numerosi piatti che appartenevano alle usanze della borghesia e quando tornarono a casa ne introdussero alcune anche nelle nostre famiglie.  Considerato i tempi in cui sono vissute, sono state davvero due  donne emancipate, coraggiose e forti, oltre che cuoche eccellenti. La loro passione per la cucina mi ha sempre affascinato. Da piccola ho passato molto tempo ad osservarle, quando con le loro mani armonizzavano sapori e profumi, dando forma a cibi che, oltre al gusto indimenticabile, comunicavano le loro storie di vita. La mia mamma, per Natale, ha  continuato a proporre la galantina, realizzando la  ricetta di Bruna. Vedo ancora  quando sdiossava (disossava) il cappone e lo farciva. Al gustoso ripieno non poteva mancare la lingua salmistrata e neppure il tartufo che babbo, avendo un negozio di generi alimentari, ordinava proprio per questo scopo. Si passava quindi all'arte della cucitura del cappone ( o meglio della sua pelle). Io non perdevo una gugliata di filo: quei movimenti che mamma svolgeva con ritmo e precisione facevano parte dell'atmosfera del nostro Natale. Una volta riempito e cucito, fasciava quel cappone dall'aspetto rilasciato  e senza tonocon delle strisce di  stoffa di cotone bianche (non dovevano avere odore di bucato) e con l'aiuto di babbo lo metteva a bollire in un  pentolone rosso di smalto, per più di due ore. Un altro momento importante, per i miei occhi di bambina, era quello di  veder mettere il cappone, ormai lessato, sotto il peso di una pietra, perché, schiacciandosi, avrebbe permesso di tagliare fette della stessa forma e dimensione. Anche il brodo riusciva a creare, dentro di me, un certo stupore! Il pentolone veniva messo in una stanza freddissima (non avendo il riscaldamento la usavamo come frigorifero naturale) e dopo poco tempo si trasformava in gelatina, senza uso di colla di pesce. A quell'età non mi sapevo spiegare questo fenomeno, ma faceva parte della magia del piatto e mi divertiva osservare il passaggio  del brodo, da liquido a solido e per giunta con "la tremarella". Affettare la galantina era compito di babbo. Lui riusciva a tagliare fette sottili ed intatte che venivano deposte nel vassoio del servito buono, per poi essere ricoperte di gelatina ed accompagnate dalla salsina verde e dall'insalata russa. Nonna Laura si occupava di montare la maionese. Si metteva a sedere nella sedia bassa, accanto alla cucina economica, teneva una scodella bianca tra le gambe,  mentre con  una mano sbatteva le uova  e con l'altra aggiungeva l'olio di oliva,  goccia a goccia. 

Questa versione, cotta in un  barattolo, è solo una lontana  e vaga parente del cappone in galantina che ho descritto. Il pollo non  c'è, se non in forma di anonimo petto utilizzato nel ripieno. La lingua salmistrata non si trova più facilmente (almeno dalle mie parti) e viene sostituita dalla mortadella. Anche il tartufo nero  non è di facile reperibilità e per dare colore, ma non certo il sapore, ho utilizzato le olive nere. Il brodo non è fatto con il cappone  ma  è di vitellone ed  ha voluto la colla di pesce per rapprendersi. Nonostante tutto  è una preparazione facile e veloce, sempre molto gradita e apprezzata che suscita nei commensali una sorta di rispetto e  di ammirazione. Mamma ha avuto la ricetta molti anni fa da una signora di Grosseto e a poco, a poco ha vinto la praticità, sostituendo la vera galantina con questa del barattolo, perdendo però la ritualità che caratterizzava la nostra  cucina nel periodo di Natale.
Per  esaltare  il mix dei sapori ho  accompagnato la finta galantina con un' insalata siberiana (simile a quella russa) ed una salsina ottenuta con i carciofini sott'olio homemade.

Ingredienti e strumenti:
  • gr.300 di macinato di vitella magro
  • un petto di pollo
  • gr.70 di lingua salmistrata (se non si trovasse, usare la mortadella)
  • gr.70 di prosciutto grasso e magro
  • gr.70 di pancetta
  • gr,30 di parmigiano grattugiato
  • 2 uova
  • 1 bicchiere di Marsala secco
  • odore di noce moscata
  • alcuni pistacchi
  • fettine di tartufo
  • un barattolo vuoto di latta ( per esempio, quello dell'olio di semi)


Procedura

Tagliare il pollo, la lingua salmistrata, la mortadella, il prosciutto e la pancetta a dadini che dovranno macerare per  12 ore nel Marsala.  Trascorso questo tempo, amalgamare  il mix con gli altri ingredienti.

Riempire il barattolo che deve essere unto per permettere un facile uscita della galantina. avendo cura di pressare il composto e battere il recipiente sul tavolo, per evitare la formazione di vuoti. Riempire una pentola di acqua e metterci il barattolo a  bollire a bagnomaria, per un'ora o poco più a fuoco moderato. Lasciare raffreddare completamente.
"Freddo che sia, meglio il giorno dopo", far scivolare il rotolo di galantina dal barattolo al vassoio.


Affettare e servire con gelatina, salse per lesso ed insalata russa.


Salsa ai carciofini

 Insalata Siberiana

Insalata Russa


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